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6 giu 2018

Qui Val. Qualcuno riesce a sentirmi?





Ma nessuno può condurre un'esistenza così totalmente segregata senza riportare danni gravi, anzi gravissimi, allo spirito e al carattere. È noto che tutto a un tratto certe persone, in un momento di svolta decisiva della loro vita, una vita che a loro sembra filosofica, scoprono un carcere nel quale vanno poi a rinchiudersi per consacrare la propria esistenza.
Thomas Bernhard, Perturbamento




Qui Val.
Qui Val.
Qualcuno riesce a sentirmi?



Sono tornata, o forse no.

Ho cambiato nome del blog, grafica, font e banner senza un motivo ben preciso. Così come è poco chiaro (anche a me stessa) il motivo per cui sono ripiombata qui. Ho sempre visto questo piccolo spazio virtuale come un luogo in cui urlare i miei incubi. Non ci sono stati spiragli di felicità, qui dentro. E quando ho cominciato a non dedicare più le attenzioni disturbate al mio corpo, è venuto quasi spontaneo abbandonare il blog. Avevo decantato dolore per così tanti anni che forse mi ero convinta che non avrebbe avuto più senso scrivere. E così mi sono gettata alle spalle questa moneta del dolore, esprimendo il desiderio di non rivivere più quelle buie emozioni che raccontavo.


Sono cambiata, o non troppo.

Non sono tornata per dire che all'improvviso tutto va di nuovo male. Cioè, sì, sto male, ma male come tutti gli altri. Le giornate macchiate dal mio vecchio stato d'animo ogni tanto si affacciano all'orizzonte della mente. Le ore spese a studiare il mio corpo davanti allo specchio ci sono, ma cerco di non dare loro troppa importanza. Digiuno ancora a pranzo, questo è vero, ma per ora mi va bene così. E ogni tanto, il binge eating si impossessa di me, sebbene in maniera meno drastica rispetto al passato.
Ho ripensato al blog dopo aver avuto una conversazione con M., una mia cara amica, che è sempre stata a conoscenza di questa piattaforma. Quando mi ha chiesto perché avevo smesso di scrivere le ho risposto che non trovavo le parole giuste, ma anche che forse, a raccontare di una me senza disturbi alimentari conclamati (e riconoscibili da pratiche come l'andare in psicoterapia o l'assumere antidepressivi o emozioni come la depressione e la perenne insoddisfazione), mi suonava strano.


Sono diversa, o forse la stessa.

Poi mi sono ricordata che io sono altro, o addirittura di più. Ho capito che il mio binge eating non mi definisce in quanto persona, che posso avere altro da scrivere o dire oltre la mia opinabile alimentazione e a ciò che mi fa scaturire emotivamente. Non solo sono altro, ma sono molto di più, e non lo dico per una questione di vanto (figuriamoci... io che mi vanto di qualcosa!) Me ne sono resa conto semplicemente con il tempo, cercando di costruirmi con i mattoni più resistenti, di crescere con il più sano concime e un po' di sole; e nonostante di sicurezze non ne abbia, mi sento paradossalmente un po' più stabile. Un tempo investito solo ed esclusivamente sul corpo, sulla percezione che mi suscitava di giorno in giorno. Oggi invece so che sono altro al di là di un'ossessione alimentare, o del gonfiore addominale, o dei fianchi un po' più larghi di quello che vorrei. E anche se ogni tanto qualche mattone si crepa o se il sole si scurisce da nuvole di inchiostro, va bene lo stesso perché starò male, ma male come tutti gli altri.


Qui Val.
Qui Val.
Passo e chiudo.